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Piano salva Casa, Salvini accelera: “Si fa a maggio”
Salvini accelera, Meloni frena l’entusiasmo dell’alleato: il piano Salva-Casa della Lega c’è ma le carte su “tempi e modalità” le darà la premier. Il tema, a causa dell’inizio della campagna elettorale per le Europee, è diventato prima politico e poi economico. Il leader leghista, nei giorni scorsi, è tornato sul grande argomento che, evidentemente, ritiene di poter giocare sia sul tavolo del governo che su quello elettorale. La novità, rispetto a qualche settimana fa, sta nel fatto che questa volta Salvini si è sbilanciato sui tempi: “Conto, come promesso, di portare l’approvazione del decreto salva-casa in consiglio dei ministri a maggio”, ha detto a margine di una visita istituzionale a Milano. “Lo dico proprio qui, dove ci sono interi palazzi sequestrati: servirà a sistemare, regolarizzare, sanare tutti quelli che sono i problemi interni alle quattro mura domestiche. Sarà utile a Milano, così come a milioni di italiani. Ecco perché – ha chiosato il vicepremier – a questo sto dedicando buona parte della mia attenzione”.
Il cuore della proposta rimane sostanzialmente lo stesso. Si tratta di un decreto che si propone di sanare le difformità edilizie di piccolo conto che, però, interessano, secondo le stime degli ingegneri italiani, quasi l’80 per cento del patrimonio edilizio nazionale. La norma servirebbe a raggiungere il duplice obiettivo di recuperare decine di migliaia di immobili alla legalità e, contestualmente, di svuotare gli archivi degli uffici tecnici comunali di mezza Italia delle pratiche che rimangono lì a ingolfarli. Stando alle anticipazioni, gli interventi non saranno “gratis”. E si dovrà pagare in proporzione all’entità della difformità da sanare. Una delle novità riguarderebbe lo stato legittimo degli immobili. In pratica, per quelli la cui costruzione è anteriore al 1967, quando vennero introdotti i titoli edilizi, lo stato di fatto dell’abitazione diventerebbe in automatico quello legittimo, sanando tutte le eventuali difformità. Considerando che il patrimonio immobiliare italiano è abbastanza risalente, e che la proprietà delle case è pulviscolare e diffusa, l’apertura al condono (ma il termine non piace a Salvini e Meloni non vuole nemmeno che si evochi la parola, dicono quelli che la sanno lunga) interesserebbe una platea potenzialmente vastissima. Quanto, se non addirittura superiore, a quella che a suo tempo si interessò al Superbonus.
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