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Oltre 250 ex agenti del Mossad si uniscono ai piloti dell'aeronautica per chiedere la fine della guerra a Gaza

Oltre 250 ex agenti del Mossad si uniscono ai piloti dell'aeronautica per chiedere la fine della guerra a Gaza
Monday 14 April 2025 - 08:30
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Un movimento di protesta senza precedenti sta scuotendo gli ambienti della sicurezza israeliani, con l'annuncio che oltre 250 ex membri del Mossad, tra cui tre ex direttori dell'agenzia, hanno pubblicamente espresso il loro sostegno all'appello lanciato dai piloti dell'aeronautica militare per porre fine alla guerra a Gaza e concludere un accordo di scambio di ostaggi con Hamas.

Secondo il quotidiano Yedioth Ahronoth, gli ex capi del Mossad Dany Yatom, Efraim Halevy e Tamir Pardo hanno firmato una dichiarazione congiunta, insieme all'ex vicedirettore David Meidan e ad altre importanti figure dell'intelligence israeliana. Questa iniziativa, guidata da Meidan e dall'ex avvocato del Mossad Gail Shurish, evidenzia una "profonda preoccupazione per l'erosione dei valori fondamentali dello Stato, primo fra tutti la sacralità della vita".

Nella loro dichiarazione, gli ex agenti hanno affermato: "Noi, ex membri del Mossad che abbiamo dedicato la nostra vita alla sicurezza di Israele, non possiamo restare inerti. Sosteniamo pienamente l'appello dei piloti e chiediamo un'azione immediata per raggiungere un accordo che riporti a casa i 59 ostaggi, anche se ciò significasse un cessate il fuoco immediato."

I firmatari ritengono che il proseguimento delle operazioni militari senza raggiungere un accordo per il rilascio degli ostaggi costituisca una "rinuncia irreversibile al valore della vita umana". Stanno chiedendo al Primo Ministro Benjamin Netanyahu e al Ministro della Difesa Yoav Gallant di riconsiderare le loro attuali politiche.

Nel frattempo, circa 200 medici di riserva dell'esercito israeliano hanno inviato una lettera simile al governo, avvertendo che "la prosecuzione dei combattimenti serve interessi politici a spese delle vite dei soldati e degli ostaggi". Il dottor Ofer Kubo, che ha firmato la lettera, ha chiarito che non si trattava di un invito alla ribellione, ma di un dovere morale. "L'80% delle persone vuole il ritorno degli ostaggi. È un'esigenza etica, non politica", ha affermato.

Queste posizioni hanno innescato un acceso dibattito all'interno dell'esercito. Il comando dell'aeronautica militare rispose rimuovendo alcuni dei firmatari dai loro incarichi di riserva, una decisione ritenuta pericolosa da diversi ex ufficiali, che difendevano la libertà di espressione dei soldati.

Tsahi Sakal, un riservista che ha scontato 200 giorni dall'inizio del conflitto, ha descritto la misura come una "grave violazione della fiducia interna". Altri, invece, hanno denunciato queste lettere definendole una "trasgressione delle linee rosse".

Da parte sua, il primo ministro Netanyahu ha duramente criticato i manifestanti, definendoli "un gruppo anarchico manipolato da ONG finanziate dall'estero". Ha aggiunto: «Questa non è una protesta sincera, ma un chiaro tentativo di rovesciare un governo di destra democraticamente eletto. Qualsiasi invito alla disobbedienza comporterà l'esclusione immediata.»

Le proteste si verificano in un momento in cui aumenta la pressione, sia interna che internazionale, su Israele affinché raggiunga una tregua umanitaria e un accordo che potrebbe porre fine al sanguinoso conflitto che devasta Gaza da diversi mesi.

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