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Il commercio rifiorisce ovunque ma non in Europa
Il commercio rifiorisce ovunque tranne che in Europa. La sentenza arriva dal Trade Tracker di Bloomberg che suona le campane a morto per le “prospettive economiche cupe” del Vecchio Continente. Un orizzonte reso ancora più desolante dall’imminente guerra commerciale tra Pechino e Bruxelles che, nelle scorse settimane, si sono scambiate aumenti dei dazi all’importazione delle auto elettriche cinesi in Europa e dei prodotti agroalimentari europei, in prima battuta la carne di maiale e il vino, verso la Cina. L’America, nonostante abbia issato un muro di dazi tremendi che presto potranno esprimere effetti importanti sui flussi commerciali globali, continua a registrare interessantissimi flussi di export dai suoi principali porti. Così come Hong Kong. Reggono più che bene Taiwan, Corea del Sud e Singapore, le tigri asiatiche del chip. Sprofonda, invece, la Germania. E, con essa, tutta l’Europa. I flussi tedeschi sono fermi al palo, così come la produzione e gli ordini. L’economia tedesca è alla canna del gas e il timore, anche negli uffici di Bloomberg, è che il flop potrebbe innescare un’ondata di fallimenti e licenziamenti a catena. Però, almeno questo, l’inflazione è bassa. E qui si torna al tema dei temi: a che prezzo la Bce è riuscita a frenare l’aumento del costo della vita? Per ora, il costo potrebbe essere davvero catastrofico per le prospettive Ue. L’attuale architettura economica dell’Unione, così come quella italiana, resta imperniata sulla (ex) locomotiva tedesca. Se si ridimensiona Berlino, ne escono tutti con le ossa rotte. E l’Europa, sempre meno protagonista (anche) sul fronte del commercio internazionale, può, definitivamente, dire addio ai sogni di rilancio sullo scacchiere geopolitico.
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