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“Figlio mio, quanto mi costi”: un terzo del budget mensile delle famiglie è per loro
Saranno pure “piezze e core” come nell’adagio meridionale noto in tutto il Paese, ma costano: pure da maggiorenni, i figli degli italiani, pesano ancora sulle famiglie. Cinque italiani su dieci hanno figli conviventi, tra quelli che hanno superato la maggiore età, quasi la metà sono totalmente a carico dei genitori, spia della persistente difficoltà dei giovani di poter affrontare il costo di un fitto o dell’acquisto di una loro abitazione. E fattore da considerare anche riguardo ai motivi della denatalità.
Il titolo dell’indagine è brutale (“Il costo dei figli”): il report FragilItalia di Legacoop e Ipsos rivela che i figli assorbono un terzo della spesa media mensile familiare, con il budget domestico che si assottiglia per garantire loro abbigliamento e calzature, libri scolastici, attività sportiva e pasti fuori casa. E addirittura per un terzo delle famiglie la spesa per i figli rappresenta tra il 40% e il 70% del bilancio familiare. La conseguenza è che i genitori, 6 su 10, rinunciano a fare acquisti per se stessi, ad una cena al ristorante o alla vacanza. Mentre 3 su 10 impongono ai loro stessi figli di risparmiare sugli acquisti di abbigliamento, per un un nuovo smartphone o per le uscite con gli amici.
Un argomento, finora, frequentemente divisivo specie nell’ambito del dibattito politico, quello della famiglia. Affrontato spesso dal punto di vista etico e morale, dei legittimi diritti, oppure suggerendo o persino prescrivendo come dovrebbero essere le famiglie.
Spiega la scelta tutta pragmatica di questa fotografia basata sul “costo dei figli” Simone Gamberini, presidente di Legacoop, sottolineando che “Invecchiamento, trend demografici negativi, disfunzionalità del mercato del lavoro, mancata inclusione delle donne nei processi economici per ragioni dirette e indirette, costo del welfare, diseguaglianze sociali e territoriali sono tutti temi che dipendono dai costi del fare e mantenere una famiglia. Quindi, se vogliamo trovare soluzioni a molti dei problemi di questo Paese, dobbiamo affrontare questo argomento in modo meno astratto, e realizzare politiche per le famiglie che permettano di risolvere i problemi reali delle persone, consentendo loro di essere più libere e felici”.
Un orizzonte non facile da raggiungere, a leggere i numeri del report. Le spese per i figli pesano, soprattutto, sul bilancio familiare dei genitori under 30, dei residenti nelle isole, delle famiglie del ceto popolare. A fotografare l’incertezza della stabilità economica delle più giovani coppie o la distanza costante tra varie aree del Paese. Non infrequenti secondo l’indagine, infatti, i casi di rinunce fatte dalle famiglie per affrontare le spese necessarie per i figli. Il 66% dei genitori ha rinunciato ad acquistare qualcosa per loro stessi, il 60% ha rinunciato ad andare al ristorante (26% spesso, 34% qualche volta) ed ha ridotto il periodo di vacanza (25% e 35%); il 58% all’acquisto di un’auto nuova. Una situazione che genera pure una trasformazione dei consumi e degli stili di vita, insomma, impattando perfino sulla stessa qualità della vita: il 51% ha dovuto tagliare sulla spesa alimentare scegliendo prodotti in offerta, il 39% ha dovuto rinunciare ad una visita medica privata o l’ha dovuta rinviare. Rinunce che pesano di più sui genitori under 50, mentre i figli che si vedono imposte maggiori rinunce per motivi economici sono quelli dei genitori under 30.
Fin qui, le rilevazioni e le indagini dell’Ipsos e le valutazioni che ne ha tratte Legacoop. Che come spesso accade, nel più ampio quadro generale, nella loro rigidità sembrano contrastare con quanto stimato e analizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio, termometro sensibile e costante dei consumi nel nostro Paese. “Le famiglie sembrano mostrare un atteggiamento favorevole sia per la situazione attuale sia per le prospettive future”, rileva l’associazione di categoria. Per i figli, una spesa necessaria: l’anno scorso Bankitalia la stimava, per ognuno di essi, in un costo mensile di 640 euro, quasi 8mila euro all’anno.
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