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Sale il livello dello scontro tra politica e magistratura
Da un lato la questione del trasferimento migranti in Albania, dall’altro la riforma della giustizia e, in particolare, la separazione delle carriere dei magistrati. Due questioni che ormai da settimane stanno infiammando lo scontro – non nuovo – tra governo e magistratura. Le questioni non hanno nulla a che vedere tra loro, almeno apparentemente, ma tra gli ambienti della maggioranza è forte il sospetto che, invece, un nesso ci sia, come se si trattasse di due facce della stessa medaglia. Più precisamente, si tende a richiamare il terzo principio della dinamica: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. In sostanza, l’idea che circola tra gli alleati di governo è che il recente atteggiamento di parte della magistratura che, di fatto, sta parzialmente vanificando le politiche messe in campo sul tema del contrasto all’immigrazione irregolare, sollevando un vero e proprio polverone sulla questione anche in Europa, altro non sia che una reazione alla riforma della giustizia che la maggioranza vuole licenziare in prima lettura alla Camera entro Natale. Questo braccio di ferro tra politica e toghe sarebbe quindi, ci dicono fonti parlamentari di centrodestra, una reazione della magistratura alla separazione delle carriere. Al di là che nel caso specifico sia questo il nesso che lega l’azione della politica alla reazione di alcuni giudici, i partiti di maggioranza sono certi che ci sia un’indebita intromissione della magistratura in scelte che sono squisitamente politiche. Lo dice in modo molto netto Antonio Tajani, per il quale alcuni giudici “pensano di dover decidere la politica del governo”. “Forse qualcuno – incalza il segretario di Forza Italia – dovrebbe rileggersi Montesquieu e ricordare qual è la tripartizione dei poteri”. Gli fa eco il portavoce azzurro Raffaele Nevi che definisce lo “scontro tra politica e magistratura una proiezione di ciò che avviene da trent’anni ad oggi nel nostro Paese, prima con Berlusconi e ora con la Meloni”. Stessa linea sposata dalla Lega che evoca un “attacco all’Italia e agli italiani sferrato da una parte di magistratura politicizzata”, perché, aggiunge Matteo Salvini, “se solo in Italia non possiamo espellere in Egitto o in Bangladesh è un problema”. Di “giudici ideologizzati” parla anche il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, per il quale qualche magistrato “si schiera politicamente con la sinistra e contravviene all’orientamento del governo sul tema rimpatri”. Sinistra che nel frattempo veste i panni del tifoso e inneggia a chi fa opposizione al posto suo.