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In Italia l’occupazione aumenta più degli altri in Ue
Eurostat certifica il balzo in avanti dell’occupazione in Italia. Dove, però, rimane basso il tasso globale legato all’occupazione stessa. L’istituto europeo di analisi statistiche ha riferito, nel report dedicato alle “Key figures in Europa” che l’Italia ha fatto registrare la performance migliore, tra tutti i Paesi dell’Unione (eccetto Malta), in fatto di incremento dell’occupazione sull’anno. Il tasso italiano, difatti, è pari all’1,5% che risulta il migliore di tutto il vecchio Continente, fatta salva la posizione di Malta il cui tasso di aumento dell’occupazione è risultato pari all’1,6%. Il lavoro c’è, in Europa. E sui 27 Paesi membri, ben ventuno hanno potuto beneficiare di un lusinghiero aumento di occupati. Cinque Stati, però, hanno dovuto chiudere col segno meno. Come la Lituania che ha registrato un calo pari a mezzo punto percentuale (-0,5%).
Una buona notizia per il sistema Italia che, però, è subito contemperata da un’altra. Non altrettanto positiva. Difatti, il tasso complessivo dell’occupazione nel nostro Paese (66,3%) risulta tra i più bassi della Ue. Meglio di noi anche Grecia (67,4%) e Romania (68,7%) mentre la media comunitaria resta davvero lontana con il 75,3%.
Pesa, e tanto, la bassa occupazione giovanile. Da sempre punto dolente del sistema Italia. Proprio ieri sono stati pubblicati i risultati di una ricerca condotta dal Consiglio nazionale dei giovani con il supporto tecnico dell’Iref. Un’indagine focalizzata sul fenomeno dei cosiddetti Neet, coloro che non lavorano né studiano. E che fa emergere una realtà, l’ennesima, di divario tra provincia e città. Nelle aree rurali, infatti, poco meno del 10% dei Neet è laureato contro un dato che sale fino al 65,3% nelle aree metropolitane. Un’altra grossa differenza riguarda la vita che fanno. Nelle zone periferiche, i Neet si appoggiano al sostegno della famiglia d’appartenenza mentre il 50% di coloro che non lavorano né studiano in città sostiene di riuscire a mantenersi grazie alle loro stesse entrate. Derivanti, evidentemente, da risparmi o rapporti di lavoro occasionali o, comunque, non inquadrabili in un impiego duraturo e stabile. Una cosa però li unisce: poco meno del 75% di loro, infatti, ha dichiarato di aver svolto “lavoretti a nero”. Tre su quattro.
Intanto, emergono nuove indicazioni dal mercato del lavoro. Che continua ad aver fame di esperti digitali in ogni ruolo, o quasi, della produzione nazionale. Stando all’analisi di Hays Italia, la richiesta dei cosiddetti “tech talent”, ossia di profili specializzati sulle nuove tecnologie, a partire dai data engineer fino agli esperti di cloud, è salita addirittura del 35% rispetto al 2022. E, inoltre, una posizione ricercata su tre, cioè il 30% dell’intera “offerta” di nuovi posti di lavoro, è legata proprio ai lavoratori delle nuove tecnologie digitali. Ma qui, secondo la ricerca, si concretizza l’ennesimo mismatch. Gli esperti che le aziende (continuano) a cercare storcono il naso di fronte alle offerte che arrivano dalle imprese. Perché lamentano retribuzioni che non sarebbero in linea con obiettivi e con i livelli europee e, contestualmente, ritengono di non avere chance di poter fare la carriera che vorrebbero. La mancanza di benefit aziendali (per il 45% degli intervistati) e l’impossibilità di uno “sviluppo” di carriera adeguato (per il 47%) cedono il passo solo all’altra, grande, preoccupazione di questo tipo di lavoratori. Ossia un impiego che non li costringa a dover rinunciare a famiglia e tempo libero. Una priorità per quasi un esperto digitale su due (49%).
“C’è molta strada da fare perché purtroppo il nostro Paese partiva da numeri che ci vedono ancora indietro, specialmente rispetto al lavoro dei giovani e delle donne. Ma è proprio in questa direzione che abbiamo investito, su incentivi e formazione, per una questione di giustizia sociale e di impulso necessario alla crescita economica del Paese”. Così ha commentato i dati Eurostat il ministro al Lavoro e Politiche sociali Marina Elvira Calderone. Che ha aggiunto: “Ancora una volta i numeri smentiscono chi cerca di colorare la realtà secondo i propri interessi politici. Eurostat ha certificato che nel 2023 l’Italia ha fatto registrare il secondo più alto aumento percentuale della occupazione (+1.5 punti percentuali), oltre il doppio della media Ue. Ma ancora di più ci incoraggia e ci spinge a proseguire speditamente lungo il percorso che abbiamo strategicamente delineato con le nuove misure d’inclusione, il dato sul calo della povertà dal 20.1 al 18.9 per cento”.