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Il premier Meloni in Libano ribadisce la postura di pace italiana
Dopo l’incontro presso il Palazzo del Governo Grand Serail con il Primo Ministro della Repubblica libanese, Najib Mikati, la premier Giorgia Meloni si è recata in visita a Shama per esprimere ai contingenti militari italiani operanti nel teatro operativo libanese, in ambito Nazioni Unite (UNIFIL) e a livello bilaterale (MIBIL), la riconoscenza e la vicinanza del Governo per l’impegno profuso a tutela della pace e della sicurezza internazionali, in linea con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in un quadro di equilibri fortemente a rischio.
Dopo il “no” secco all’ipotesi di inviare truppe di terra in Ucraina, avanzata dal presidente francese Emmanuel Macron, Meloni ha usato parole che sembrano un tributo a quella politica estera “tricolore” della Prima Repubblica, fatta di mediazione, pragmatismo e lucidità: “Sono giorni difficili in Medio Oriente, in Europa, sono giorni difficili a livello mondiale. Intere aree del pianeta si sono di colpo incendiate e quando c’è un incendio il rischio è sempre lo stesso, che le fiamme volino troppo velocemente da un albero all’altro e che alla fine l’incendio non si riesca a domare. Noi dobbiamo fare tutto quello che possiamo per evitare quel rischio e voi siete parte di quello che noi possiamo fare. Dobbiamo fare tutto il possibile, siete parte di quel possibile, siete il fossato, la barriera di sabbia che aiuta a non far progredire l’incendio”.
“La pace, ha aggiunto Meloni, non si costruisce con i buoni sentimenti e con le belle parole, la pace è soprattutto deterrenza, è impegno, è sacrificio. E non può esserci pace se non c’è anche il rispetto. E il rispetto che l’Italia è riuscita a costruire in Nazioni e territori come questi, un rispetto garantito dalla professionalità e dall’umanità, dalla capacità di essere competenti, ma anche dalla capacità di saper guardare al bisogno degli altri è la carta d’identità del nostro orgoglio, è la base dell’autorevolezza che l’Italia ha costruito nel mondo e che consente a persone come noi, come me, di far valere gli interessi italiani, perché buona parte del nome che noi abbiamo in contesti come questo, la gran parte è costruito dal lavoro che voi fate ogni giorno”.
Un approccio diverso, più volte evidenziato da quando è in carica, che indica anche lo sforzo di seguire una precisa direttrice strategica nel perimetro Nato. Nei giorni del colpo di ritorno per il capo dell’Eliseo, alle prese con la progressiva de-francesizzazione dell’Africa (dopo il Senegal potrebbe toccare alla Guinea-Bissau e alla Costa d’Avorio), e del grande gelo tra Polonia e Russia, con gli Stati baltici in fermento, da Roma arrivano “accenti” inediti.
Riferendosi ai caccia F-16, il presidente russo Vladimir Putin ha spiegato che se dovessero essere forniti a Kiev, in caso di loro utilizzo, Mosca sarebbe legittimata a colpirli anche mentre si trovano all’interno di basi del Patto Atlantico. Un attacco straniero a un membro dell’Alleanza, situazione per la quale l’articolo 5 del Trattato prevede che tutti gli altri alleati intervengano militarmente. La temuta “escalation” che il capo dell’esecutivo italiano vuole scongiurare.
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