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Il futuro del sistema finanziario globale di fronte alle direttive di Trump
A partire dalla seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno subito una trasformazione radicale, passando da potenza mondiale secondaria a una delle due superpotenze, accanto all'Unione Sovietica. Tuttavia, l'approccio isolazionista e anti-multilaterale del presidente Donald Trump potrebbe portare a profondi cambiamenti nel sistema finanziario globale istituito dai suoi predecessori.
Durante la prima guerra mondiale, la Gran Bretagna dovette prendere in prestito dagli Stati Uniti, il che contribuì a rafforzare la stabilità del dollaro negli anni '20. Tuttavia, la Grande depressione degli anni '30 permise alla sterlina di mantenere il suo status di valuta internazionale dominante. Ma alla fine della seconda guerra mondiale la sterlina non era più competitiva. All'epoca gli Stati Uniti dominavano più della metà della produzione industriale mondiale e possedevano quasi due terzi delle riserve auree mondiali, rendendo il dollaro la principale valuta di riserva nel commercio internazionale.
Nel 1944, 44 paesi si incontrarono alla conferenza di Bretton Woods per gettare le basi del sistema monetario globale del dopoguerra. La loro visione si basava sull'idea che l'integrazione economica e commerciale avrebbe impedito un'altra guerra mondiale, idea che portò alla creazione del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale. Gli Stati Uniti sono stati un partner chiave in queste istituzioni, detenendo la quota maggiore di voto, il che ha consentito loro di modellare le politiche in base ai propri interessi nazionali.
Nell'ambito del Progetto 2025, gli Stati Uniti intendono riesaminare la propria partecipazione alle organizzazioni internazionali per valutarne la coerenza con gli interessi nazionali. Trump ha già sollevato la possibilità di ritirarsi dal FMI e dalla Banca Mondiale, il che significherebbe interrompere i loro contributi finanziari a queste istituzioni.
Un ritiro degli Stati Uniti da queste istituzioni avrebbe un impatto significativo sui mercati globali. Le aziende americane perderebbero l'accesso ai contratti e ai progetti finanziati dalla Banca Mondiale, mentre l'equilibrio di potere all'interno del FMI potrebbe cambiare, rendendo le sue decisioni meno trasparenti e più difficili da prevedere.
Gli esperti economici affermano che il ritiro degli Stati Uniti da queste istituzioni rappresenterebbe una "catastrofe" per i paesi in via di sviluppo, nonostante le politiche del FMI siano spesso impopolari a causa delle loro condizioni di austerità. D'altro canto, la Cina potrebbe cogliere questa opportunità per rafforzare la propria influenza finanziaria attraverso la sua Banca asiatica per gli investimenti nelle infrastrutture, che conta 110 paesi membri e un capitale di 100 miliardi di dollari.
Il governatore della Banca d'Inghilterra ha esortato gli Stati Uniti a continuare a sostenere il FMI e la Banca Mondiale, avvertendo che un ritiro degli Stati Uniti danneggerebbe l'economia globale.
In questo contesto, prima delle elezioni presidenziali i funzionari statunitensi, in particolare del Dipartimento del Tesoro, hanno sottolineato che allontanarsi da queste istituzioni avrebbe indebolito l'influenza degli Stati Uniti a livello globale, affermando che "la leadership americana non poteva permettersi una mossa del genere".
Di fronte a questi sconvolgimenti, il sistema finanziario mondiale si trova ad affrontare sfide importanti e le politiche isolazioniste degli Stati Uniti potrebbero portare a una riconfigurazione degli equilibri del potere finanziario a favore di nuovi concorrenti, con la Cina in cima alla lista.
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