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L’agroalimentare vale 67 miliardi ma è agli ultimi posti in Europa. Bravi in innovazione ma con pochi investimenti pubblici
Una filiera che vale 67 miliardi di euro, ma l’agroalimentare italiano è in forte affanno in Europa, quattordicesimo Paese per ricavi medi delle imprese agroalimentari e quindicesimo per produttività. Ci facciamo valere, tra i primi 5 Paesi, per l’innovazione , la robotica agricola e i brevetti ma poi i nostri investimenti pubblici rimangono sotto soglia, rispetto alla media Ue.
Insomma, secondo un report Ambrosetti, l’agroalimentare nazionale conta solo entro i nostri confini, come peso sull’economia interna.
L’Italia è ultima tra le 4 grandi economie europee per dimensione media, raggiungendo solo un terzo dei ricavi medi delle imprese tedesche e la metà di quelle spagnole. Sul podio Danimarca e Irlanda ma pure Paesi Bassi, Germania, Belgio, Lussemburgo, Austria, Spagna e Svezia si collocano oltre la media del continente. Perfino Ungheria, Polonia, e Finlandia fanno meglio di noi, così come la Francia con una media di 4 milioni per azienda agroalimentare.
Per Ambrosetti, lo dice il ceo Valerio De Molli, “la limitata dimensione aziendale è il principale ostacolo alla crescita dell’export agroalimentare italiano”. E l’industry è messa sotto pressione dall’inflazione alimentare che a fine 2022 ha raggiunto l’11,8%.
Una sfida persa in partenza. Se la filiera italiana volesse raggiungere la produttività media della top10 dei Paesi più produttivi in Ue, dovrebbe più che triplicare la dimensione media delle imprese del settore.
Ricerca e sviluppo: bravi, ma con pochi investimenti pubblici. Quelli per il settore agricolo arrivano a 5,2 euro pro-capite: siamo al 17esimo posto in Ue, ove mediamente vengono investiti 7,6 euro per persona. E quindi finiamo, tra le prime quattro economie Ue – Germania, Francia e Spagna – all’ultimo posto. Poi però siamo tra i primi 5 in Ue per valore generato dal mercato della robotica agricola, con ricavi pari a 1.600 Euro per ogni milione generato dall’agricoltura, il doppio del valore europeo. E siamo quinti per richieste di brevetti nel settore alimentare: 69 contro una media europea di 39.
L’auspicio abituale di Ambrosetti è “un’azione integrata di tutti gli attori, comprese le istituzioni, per colmare il divario con le economie europee”.
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