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I vescovi “scomunicano” l’autonomia: “Mina la solidarietà”
I vescovi “scomunicano” l’autonomia differenziata: “Mina la solidarietà”. La Conferenza episcopale italiana ha approvato un duro documento, nell’ambito della sua 79esima assemblea generale, in cui critica, in maniera puntuale e decisa, il progetto politico legato all’autonomia. I vescovi tuonano: “Desta motivo di preoccupazione qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie. In questo senso, il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata – prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica”. L’autonomia differenziata, così com’è, per i vescovi non s’ha da fare. Ma le critiche non finiscono qui: “Tale rischio non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata larga parte delle risorse spettanti alle Regioni e che suscita apprensione in quanto inadeguato alle attese dei cittadini sia per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi”. Qui il tema è (anche) quello dei cosiddetti Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, che rappresentano l’architrave della riforma stessa e per dare al Paese un limite sotto il quale non si può né si deve scendere, al fine di garantire a tutti i cittadini italiani, da Trento a Lampedusa, gli stessi diritti. “Gli sviluppi del sistema delle autonomie – la cui costruzione con Luigi Sturzo, nel secolo scorso, è stata uno dei principali contributi dei cattolici alla vita del Paese – non possono non tener conto dell’effettiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale – spiega il documento Cei -. Di fronte a tutto questo, rivolgiamo un appello alle Istituzioni politiche affinché venga siglato un patto sociale e culturale, perché si incrementino meccanismi di sviluppo, controllo e giustizia sociale per tutti e per ciascuno italiano”.
L’appello dei vescovi è quindi conseguenziale: “Proprio la storia del Paese ci dice che non c’è sviluppo senza solidarietà, attenzione agli ultimi, valorizzazione delle differenze e corresponsabilità nella promozione del bene comune. In particolare, crediamo che la parola insieme sia la chiave per affrontare le sfide odierne e la via che conduce a un futuro possibile per tutti”. Ci vuole un patto, dunque: “Siamo convinti infatti – e la storia lo conferma – che il principio di sussidiarietà sia inseparabile da quello della solidarietà. Ogni volta che si scindono si impoverisce il tessuto sociale, o perché si promuovono singole realtà senza chiedere loro di impegnarsi per il bene comune, o perché si rischia di accentrare tutto a livello statale senza valorizzare le competenze dei singoli. Solidarietà e sussidiarietà devono camminare assieme altrimenti si crea un vuoto impossibile da colmare”.