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Meloni in sinagoga a un anno dal massacro di Hamas in Israele
Un massacro difficile da ricordare e impossibile da dimenticare, il cui anniversario è duro da commemorare. Quella del 7 ottobre è destinata a diventare una data scolpita nella pietra per diversi motivi. Innanzitutto, per l’efferatezza dei diversi e contestuali raid di Hamas in territorio israeliano che, oltre a morti e feriti, hanno visto anche il rapimento di ben 251 persone, la maggior parte delle quali poi tornate vive in patria, mentre molte altre sono rimaste invece uccise e altre ancora sono tutt’ora ostaggio dei loro sequestratori. Ma quanto accaduto un anno fa è, probabilmente, anche l’emblema di come una falla nei sistemi di sicurezza e di difesa dello Stato ebraico abbiano fatto sì che l’attacco di Hamas andasse a buon fine. Il simbolo, dunque, di come e quanto quella della sicurezza rappresenti ancora oggi la principale esigenza per Israele e per tutti gli israeliani. Non a caso, nel corso della cerimonia di commemorazione per il massacro del 7 ottobre dello scorso anno svoltasi ieri presso il Tempio Maggiore di Roma, le prime parole proferite dal Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni sono state un ringraziamento e un’espressione di “gratitudine al governo che ci protegge con ogni mezzo”. E l’attenzione che l’Italia e le sue istituzioni, non solo politiche, rivolgono alla sicurezza delle comunità ebraiche presenti su tutto il territorio nazionale è evidentemente palpabile. Al netto della partigianeria, infatti, non si può negare che, tanto più dopo quel massacro, sinagoghe e quartieri ebraici siano obiettivi sensibili e che come tali vanno presidiati, a prescindere di come la si pensi sullo storico conflitto in Medio Oriente. Questo perché in uno Stato civile si ha l’obbligo di tutelare da attentati, da attacchi terroristici e semplicemente da azioni violente tutti quanti si trovano sul territorio nazionale. Un dovere di tutti, in primis del governo che ha la responsabilità di garantire la sicurezza, ma anche dell’opposizione che su simili questioni non dovrebbe essere mai ambigua, come invece, spiace dirlo, troppo spesso è stata, facendo prevalere le seppur legittime ragioni politiche sull’esigenza di contribuire ad assicurare l’ordine pubblico. Ecco perché il giusto riconoscimento del Rabbino Di Segni nei confronti del governo suona contestualmente come un’ammonizione alle opposizioni di sinistra, in particolare a quanti di quello schieramento non hanno preso le distanze dagli scontri registratisi durante la manifestazione pro Palestina di sabato scorso a Roma. Un corteo non autorizzato che ha visto protagonisti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, numerosi agenti feriti, lanci di oggetti, sassi e bombe carta e l’ormai classico utilizzo di sampietrini utilizzati come corpi contundenti. Insomma, una violenza dilagante dinanzi alla quale la leader del primo partito di opposizione, la segretaria del Pd Elly Schlein, invece di manifestare la propria indignazione punto e basta ha ritenuto di far riferimento a una manifestazione perlopiù “pacifica”. Una presa di posizione singolare che, oltretutto, non rende giustizia a quanti, anche dopo il massacro del 7 ottobre, auspicano davvero la pace in Medio Oriente, magari con tanto di riconoscimento di uno Stato palestinese. E su questo si registra tutta l’enorme distanza che separa il governo in carica dai partiti di opposizione schierati più a sinistra. Le parole della premier Giorgia Meloni a margine della commemorazione svoltasi ieri presso la sinagoga della Capitale, alla quale ha partecipato oltre mezzo governo a fronte di una sparuta rappresentanza dell’opposizione (a eccezione di Azione, presente con diversi rappresentanti), sono emblematiche proprio di questa distanza: “Ricordare e condannare con forza ciò che è successo un anno fa non è un mero rituale, ma il presupposto di ogni azione politica che dobbiamo condurre per riportare la pace in Medio Oriente, perché la reticenza che sempre più spesso si incontra nel farlo tradisce un antisemitismo latente e dilagante che deve preoccupare tutti. E le manifestazioni pubbliche di questi ultimi giorni lo hanno, purtroppo, confermato”. La presidente del Consiglio ha poi ribadito “il legittimo diritto di Israele a difendersi e a vivere in sicurezza nei propri confini, ma anche la necessità che questo sia esercitato nel rispetto del diritto internazionale umanitario”, perché non si può “restare insensibili davanti all’enorme tributo di vittime civili innocenti a Gaza”.